Patriarcato: cos’è, le origini e l’impatto che ha ancora sulla società, sulle donne e sugli uomini

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Il Patriarcato non è sessismo.
Ma il sessismo ne è la base e ne aumenta la crescita.
Questa è la definizione generale di sessismo: la tendenza a valutare la capacità o l’attività delle persone in base al genere ovvero ad attuare una discriminazione di genere.

Non è neanche violenza maschile o cultura dello stupro.

Richiede e celebra la violenza maschile, in particolare quella sessuale, ma è molto più radicato delle azioni fatte per difenderlo.

Il patriarcato è una cultura e un sistema morale che impone un’unica struttura familiare: quella in cui l’uomo usa la donna per procreare e crescere i “suoi” figli, con il padre che detiene un’autorità indiscussa su madre e figli.

La promessa del Patriarcato è semplice: ogni uomo avrà potere e controllo assoluti su almeno una donna, e i più fortunati anche su altri uomini.

Da questa promessa derivano i suoi mali: leggi contro la transizione di genere, contro i matrimoni omosessuali, contro l’aborto e contro qualsiasi alternativa alla famiglia nucleare guidata da un padre.

Da questa promessa deriva anche l’oppressione verso gli uomini stessi, che li imprigiona in ruoli rigidi e nega loro la possibilità di esprimere liberamente la propria identità.

Qual è la debolezza del patriarcato?

La debolezza del patriarcato sono le donne.

Se tutte le donne, non solo alcune o una particolare classe privilegiata, ma tutte noi, in massa, rifiutassimo di consegnare la nostra autonomia personale o sessuale, questo sistema cadrebbe a pezzi

Jude Ellison Sady Doyle

I meccanismi del sistema patriarcale

Non è facile riconoscere i meccanismi che muovono il sistema patriarcale. Il modo più diretto attraverso cui ne prendiamo coscienza è molto spesso attraverso la paura: la paura di essere stuprate, molestate, colpite, picchiate, stalkerate, di diventare bersaglio delle molestie online di un ex ossessivo o di un collega, oppure di essere seguite da uno sconosciuto per strada infuriato perché le sue avances sono state ignorate.

La paura della violenza maschile ci ricorda costantemente che gli uomini hanno ancora il potere di porre limiti e restrizioni alle nostre vite

Per la maggior parte delle donne che conosco, trascorrere l’esistenza in una società patriarcale e sessista significa vivere in una costante perdita del proprio senso di sicurezza: tutte le sere in cui ci preoccupiamo di non essere fuori casa da sole dopo un certo orario; tutte le volte in cui ci preoccupiamo di non restare da sole nel vagone della metropolitana o del treno, o con il capo.

Significa organizzarsi continuamente per essere sicure di non trovarsi nel luogo sbagliato, con la persona sbagliata, con l’abbigliamento sbagliato. E quando sei a una festa, di non perdere mai di vista il tuo bicchiere o i tuoi amici ma soprattutto non abbassare mai e poi mai la guardia perché, se succede qualcosa, diranno che te la sei cercata.

Significa sapere che, anche con la guardia alzata e tutte le precauzioni del caso, qualcosa di orribile può comunque capitarti e, se capita, in ogni caso sarà colpa tua.

paura

Le tipiche parole della cultura patriarcale

La frase “Se l’è cercata” è caratteristica della società patriarcale per colpevolizzare le donne che subiscono violenza.
Invece di condannare l’ aggressore, si punta il dito contro la vittima, come se fosse lei la responsabile di ciò che le è accaduto.
È una frase particolarmente dannosa perché non solo colpevolizza la vittima, ma alimenta la cultura della violenza contro le donne e impedisce loro di ribellarsi e di essere libere.

Tant’è che fin da bambine, le donne vengono educate a minimizzare o perdonare i cattivi comportamenti degli uomini.
Si insegna loro che la rabbia maschile è normale, che gli uomini sono “predatori” per natura e che le donne devono essere “caute” per non attirarsi addosso le loro attenzioni indesiderate.

Quante volte ci siamo sentite dire “Gli uomini sono fatti così”?

È un’altra frase molto dannosa, perché diventa una scusa per giustificare qualsiasi comportamento scorretto.
Rabbia, aggressività, tradimento, prevaricazione: tutto diventa accettabile se si nasconde dietro la maschera della “natura maschile”.

Persino l’amore diventa un alibi per sopportare le sofferenze.
Le donne sono sempre state spinte a credere che il vero amore richieda sacrificio e sopportazione, anche di fronte a maltrattamenti e umiliazioni.

In una società patriarcale, la donna è vista come inferiore all’uomo e la sua autonomia è limitata. Le viene negato il diritto di dire no, di esprimere la propria volontà e di difendere il proprio corpo.

Come cambiare questa mentalità

Bisogna educare le nuove generazioni al rispetto reciproco e all’uguaglianza di genere. Ma soprattutto bisogna educare le nuove generazioni a gestire emozioni e sentimenti.

E le donne devono essere consapevoli del fatto che non è mai colpa loro se subiscono violenza e che meritano, in quanto esseri umani, di essere amate, rispettate, ascoltate e supportate nelle decisioni che prendono per la propria vita.

Le (altre) 31 frasi del patriarcato e del sessismo (che mi sono venute in mente)

  1. “Ti sei fidanzata?”
  2. “Com’è che una bella ragazza come te è ancora single?”
  3. “Ma quando lo fai un figlio?”
  4. Poverina, a 35 anni ancora da sola!”
  5. Diventare madre è la cosa più bella che possa succedere nella vita di una donna”
  6. “Sei fortunata ad avere un compagno che ti aiuta in casa!”
  7. “Lascia stare, sono cose da maschi
  8. “Mamma mia che acidità! Ma hai il ciclo?
  9. Hai fatto un buon lavoro, per essere una donna
  10. Non siete molto portate per le materie scientifiche
  11. “Le donne sono troppo sensibili per posizioni da leadership”
  12. “Sei proprio una donna con gli attributi
  13. Come ti sei vestita?”
  14. Donna al volante, pericolo costante
  15. Le donne non si toccano nemmeno con un fiore
  16. Dietro ogni grande uomo, c’è sempre una grande donna”
  17. “Ma è solo un complimento
  18. “Non te la prendere, stavo solo scherzando
  19. Ti tratta bene, che altro vuoi?”
  20. “Non preoccuparti se i bambini ti fanno i dispetti, vuol dire che gli piaci!”
  21. Non essere così sguaiata mentre giochi”
  22. Le bambine grandi non piangono
  23. I maschi non piangono
  24. “Devi fare la brava
  25. Non alzare la voce
  26. “Dovresti essere contenta se ti guardano
  27. “Si arrampica come un maschiaccio
  28. Non tutti gli uomini sono così
  29. “Non si può più dire niente per colpa del politicamente corretto
  30. “Non fare la femminuccia
  31. Mammo

Possiamo andare avanti all’infinito, vero?
Ma fermiamoci qui e andiamo avanti con il nostro ragionamento.

Il patriarcato è un problema anche per gli uomini

È importante ricordare che il patriarcato non è solo un problema delle donne. È un sistema che opprime tutti, indipendentemente dal sesso o dall’orientamento sessuale.

Nel patriarcato gli uomini devono conformarsi ad uno specifico modello:

  • devono essere eterosessuali o quantomeno devono voler mettere incinta una donna
  • devono essere forti
  • devono essere potenti
  • devono essere virili
  • devono avere sempre voglia di sesso
  • devono sentirsi superiori, meglio se sono anche arroganti e altezzosi
  • devono avere successo, professionale e finanziario
  • devono provvedere alle esigenze economiche della famiglia
  • devono prendere le decisioni importanti che riguardano la famiglia
  • devono essere disinteressati riguardo alla cura della casa
  • devono amare lo sport
  • non devono piangere, almeno non in pubblico
  • devono mostrarsi aggressivi
  • devono essere competitivi

Si capisce quanto sia in pericolo anche la salute mentale degli uomini, imprigionati in questi ruoli rigidi, senza poter esprimere la propria personalità.
Questi stereotipi possono contribuire a comportamenti dannosi per sé e per gli altri: la mascolinità tossica, per esempio, è intrisa di stereotipi di genere.
Ma pensiamo anche ai suicidi: secondo i dati ISTAT dell’ “Indagine sulle cause di morte”, nel 2016 (ultimo anno per il quale i dati sono attualmente disponibili) nel nostro Paese si sono tolte la vita 3780 persone.

Il 78,8% dei morti per suicidio sono uomini.

uomo in lacrime

Come liberare (anche) gli uomini da questa trappola patriarcale?

Combattere il patriarcato è difficile, ma ecco cosa possiamo fare:

  • promuovere modelli maschili più sani e inclusivi
  • educare i bambini al rispetto di genere e all’uguaglianza
  • educare i bambini alla gestione delle emozioni e dei sentimenti
  • incoraggiare la cooperazione e il sostegno reciproco tra gli uomini e le donne
  • promuovere la comunicazione aperta e l’ascolto empatico

Dire basta agli stereotipi di genere!

È normale per gli uomini piangere, sentirsi vulnerabili e chiedere aiuto ed esprimere le proprie emozioni non è segno di debolezza.

Gli uomini possono essere padri premurosi e partner collaborativi. La cura della casa e della famiglia non è una responsabilità femminile, ci sono tanti uomini che già si prendono cura di casa e figli in collaborazione con la propria o il proprio partner.

Soprattutto, è importante spezzare il tabù che impedisce agli uomini di chiedere aiuto.

Anche liberare gli uomini dagli stereotipi di genere è una sfida collettiva. Solo attraverso un impegno comune si può costruire una società più giusta, dove (anche) gli uomini possano vivere liberamente la propria identità e prendersi cura della propria salute mentale.

Essere madre in una società patriarcale

 Cosa significa essere madre?

Essere madre significa dare ai figli, soprattutto quando sono molto piccoli, un’attenzione e una pazienza costanti.

Rispondere alle loro necessità a tutte le ore del giorno e della notte, essere disponibili ogni volta che si ammalano, che sono affamati o che si annoiano, ogni volta che vogliono essere presi in braccio, ascoltati, coccolati o intrattenuti.

Essere madre significa fare tutto questo rispettando il loro essere indifesi e fragili, così che un neonato con le coliche non venga abbandonato durante la sua prima crisi di pianto disperato lunga tre ore o tutta la notte.

Questo lavoro costante e privato entra profondamente in conflitto con il tempo e la concentrazione necessari alla costruzione e al consolidamento del proprio ruolo nella sfera pubblica.

È un carico troppo pesante per una persona sola e chi tentasse di farlo da solo vedrebbe cancellata ogni altra priorità.

Le donne delle classi agiate, le ricche, hanno da sempre la possibilità di scaricare un po’ di quel peso sui propri dipendenti.

Nelle grandi famiglie allargate come quelle del sud i bambini vengono fatti girare tra i parenti come un’adorabile patata bollente.

In alcune leggendarie famiglie sono addirittura i padri a passare del tempo con i propri figli.

Quando le madri scoprono di non essere cambiate dopo il parto, di non essere predisposte per natura alla cura dei figli, di non realizzarsi pienamente nella maternità, di non aver raggiunto in alcun modo la perfezione morale grazie agli ormoni o al contatto pelle a pelle o con il famigerato istinto materno, lo shock può essere terribile.

Si dice che una madre è qualcuno che dà la vita. Ma nessuno ha mai detto che la vita che darà è la sua

essere madre

Essere padre in una società patriarcale

Ho già detto che la società patriarcale è un sistema sociale in cui il potere è detenuto principalmente dagli uomini. In questo contesto, la figura del padre assume un ruolo di primaria importanza, ed è associata a concetti come autorità, forza e responsabilità.

Essere padre significa:

Pressione sociale: i padri sono sottoposti a forti pressioni per conformarsi a rigidi modelli di mascolinità.
Devono essere stoici, forti e capaci di provvedere economicamente alla famiglia.

La repressione delle emozioni è una caratteristica associata alla virilità patriarcale. Questo ostacola la capacità dei padri di esprimere liberamente le proprie emozioni e di creare legami profondi con i figli.

Tradizionalmente, la cura dei figli è considerata un ambito femminile. Questo porta i padri a un minore coinvolgimento nella vita quotidiana dei figli. La conseguenza è l’incapacità di creare un legame con i propri figli.

Mancanza di supporto: i padri che oggi vogliano sfuggire ai modelli tradizionali (e sono tanti!) incontrano difficoltà nel trovare supporto da parte della società.

essere padre

Essere di un genere non binario nella società patriarcale

Quanto ai generi al di fuori delle categorie “maschile” e “femminile”, così come per la sessualità femminile o il desiderio queer, nella società patriarcale è meglio non ammettere che esistano, perché sollevano troppe domande.

Eppure è palese che nulla nella famiglia tradizionale o nella gerarchia di genere che dominano nella società patriarcale in cui viviamo è effettivamente necessario, una verità eterna e men che meno una legge di natura.

È solo una delle modalità in cui le persone hanno scelto di vivere.

Una società non patriarcale non è priva di coppie eterosessuali o di famiglie con due genitori, uno maschio, l’altra femmina. Una società non patriarcale è una società nella quale quei legami sono solo due tra i tanti modi in cui si può costruire una famiglia.

E questa non è utopia: nel mondo, donne (Michela Murgia docet) e persone queer di tutti i generi stanno già modificando l’aspetto tradizionale della famiglia.

Le origini del patriarcato

Le origini del patriarcato non sono chiare e sono oggetto di dibattito tra gli studiosi. Tuttavia, la teoria più diffusa afferma che il patriarcato abbia avuto origine con la rivoluzione agricola, avvenuta circa 10.000 anni fa, durante la fase preistorica di passaggio dalla caccia e dalla raccolta all’agricoltura stanziale.

Prima della rivoluzione agricola:

  • Le società erano per lo più nomadi e basate sulla caccia e la raccolta
  • La divisione del lavoro era più equilibrata tra uomini e donne
  • Le donne ricoprivano ruoli importanti nella ricerca del cibo, nell’accudimento dei figli e nella gestione della comunità
  • La discendenza era spesso matrilineare, ovvero tracciata attraverso la linea materna
  • Le donne ricoprivano ruoli importanti nella religione e nella spiritualità

Con la rivoluzione agricola:

  • Si è verificato il passaggio a uno stile di vita sedentario e all’agricoltura
  • La proprietà privata della terra e del bestiame ha acquisito grande importanza
  • Gli uomini hanno assunto un ruolo dominante nella gestione della terra e del bestiame
  • Si è sviluppata una gerarchia sociale che privilegiava gli uomini sulle donne

Prima della rivoluzione agricola la divisione del lavoro era più equilibrata tra uomini e donne. I ruoli tra i due generi erano complementari e necessari alla sopravvivenza della comunità.

Durante la prima rivoluzione agricola il controllo della terra e delle risorse diventò fondamentale per la sopravvivenza delle comunità. La guerra divenne più frequente e gli uomini assunsero un ruolo dominante nella difesa della comunità. A questo punto ebbe importanza anche garantire la discendenza paterna per ereditare la proprietà.

Quella che ho appena tracciato è una panoramica generalissima. Impossibile descrivere le specificità dell’evoluzione del patriarcato in base alle diverse culture e ai diversi contesti che esistono nel mondo.

Inoltre, credo sia opportuno tenere a mente che la società pre-patriarcale non era necessariamente un’utopia di uguaglianza tra uomini e donne, anche se le donne godevano di maggiore autonomia e rispetto, di sicuro molto più che dopo l’affermazione del patriarcato.

Il patriarcato e la caccia alle streghe

Tra metà 1400 e metà 1700 in Europa furono processate per stregoneria, in quella che venne definita caccia alle streghe, più di 100mila persone, soprattutto donne.

Ma perché è avvenuta la caccia alle streghe?

Gli studiosi parlano della forte intolleranza religiosa e della diffusione delle superstizioni che, a quell’epoca,  hanno contribuito ad alimentare la paura contro presunte streghe e stregoni.
Nel ‘400, infatti, al timore per la magia nera (malefici, sortilegi, fatti per provocare danni, inclusa la morte, ad altri) si aggiunse la convinzione che chi la praticava fosse in contatto con il diavolo.

Le vittime della caccia alle streghe sono state soprattutto donne, una parte delle quali è stata condannata a morte e bruciata sul rogo.
Ancora oggi, in alcune culture è diffusa la credenza che esistano streghe e stregoni.

Le autorità religiose iniziarono a considerare la stregoneria al pari di un’eresia (cioè a una credenza “non conforme” alla corretta dottrina religiosa) e nel 1484 il Papa Innocenzo VIII incaricò due frati  domenicani tedeschi, Jakob Sprenger e Heinrich Kramer,  di perseguire la stregoneria in Germania.

Due anni più tardi i due domenicani redassero una sorta di manuale, il Malleus Maleficarum (Martello delle streghe), che spiegava come riconoscere e come processare le persone dedite alla stregoneria, dando impulso alla “caccia”.

Le persone processate per stregoneria erano soprattutto donne appartenenti ai ceti sociali più umili.
Molte erano levatrici, prostituite o guaritrici, accusate di aver eseguito malefici per far morire o danneggiare in altro modo altre persone.
Spesso le accuse erano provocate da morti non spiegabili, in particolare quando morivano bambini, e, talvolta, dalle epidemie.

La cultura cristiana odia le donne

Nella cultura cristiana vi era una diffusa diffidenza verso il genere femminile e qualsiasi comportamento non conformista era guardato con sospetto.
Inoltre, le donne effettuavano più frequentemente riti magici, come quelli per cacciare il malocchio, e in genere si occupavano dei compiti, come far nascere i bambini, che nell’opinione popolare erano associati alla stregoneria.
A questo si aggiungevano motivazioni specifiche che variavano da Paese a Paese.

Nella seconda metà del Seicento le condanne per stregoneria si fecero più rare a causa dell’evoluzione sociale e culturale del mondo occidentale.
Molte esecuzioni provocarono scandalo nelle comunità e l’idea che le streghe fossero in contatto con il diavolo perse gradualmente credito.
Tuttavia, la caccia alle streghe non terminò del tutto e in America addirittura si incrementò.

Nel 1692 ebbe luogo il processo più noto del territorio degli attuali Stati Uniti, quello alle streghe di Salem, che si concluse con venti condanne a morte.
Processi sporadici ebbero luogo anche nel Settecento e l’ultima esecuzione accertata di una strega avvenne nel 1782 in Svizzera.

Il timore per la stregoneria non è del tutto scomparso. Ancora oggi, almeno in una minoranza della popolazione, è diffusa la convinzione che alcune persone possano “fare il malocchio” e danneggiare altri individui.

Quindi, perché è stata condotta la caccia alle streghe?

Jude Doyle dice che è avvenuta per un semplicissimo motivo: perché le donne definite “streghe” avevano il controllo, il potere, sul proprio corpo.

Doyle scrive: “Se vogliamo disfarci del patriarcato, porre fine al ciclo di violenza sessuale e sociale che demonizza le ragazze e le distorce in cattive madri, la strega – la levatrice, colei che esercita il controllo sulle nascite, la donna esperta nell’arte di imbrigliare la fertilità e il desiderio di riproduzione – è la figura dirompente di questa storia. Mette mano al meccanismo dell’universo, fa accadere le cose e così è pronta a infrangere il cerchio e a permettere che nuove possibilità vi entrino“.

Forse quel terribile potere che manda in frantumi il mondo è solo, dopo tutto, il potere sul proprio corpo

Disfarsi del patriarcato è possibile?

Il patriarcato, con la sua struttura di potere gerarchica e la sua enfasi sul machismo (per machismo si intende un’esibizione di virilità dovuta alla convinzione che il maschio sia superiore alla femmina), ha plasmato le nostre società per millenni.
Le sue conseguenze negative sono evidenti: disparità di genere, discriminazione, violenza, oppressione.

Disfarsi del patriarcato non è un compito facile, ma è un obiettivo fondamentale per costruire un mondo più giusto per tutti e per tutte. È un processo complesso che richiede un impegno collettivo su diversi fronti.

Educazione:

  • Promuovere l’educazione all’uguaglianza di genere nelle scuole e nelle famiglie
  • Insegnare ai bambini e alle bambine a decostruire gli stereotipi di genere
  • Educare al rispetto reciproco e alla valorizzazione delle differenze
  • Educare alle emozioni e ai sentimenti

Sensibilizzazione:

  • Promuovere campagne di sensibilizzazione sui danni del patriarcato
  • Diffondere informazioni e dati sulla disparità di genere e sulle discriminazioni
  • Incoraggiare il dibattito pubblico su questi temi (se non se ne parla, non esiste!)

Attivismo:

  • Sostenere le organizzazioni che lottano per i diritti delle donne e per l’uguaglianza di genere
  • Partecipare a campagne e iniziative contro la discriminazione e la violenza
  • Fare pressione sui politici e sulle istituzioni per promuovere leggi e politiche che favoriscano l’uguaglianza

Cambiamento individuale:

  • Riflettere e acquisire consapevolezza sui propri pregiudizi e stereotipi di genere
  • Sfidare i modelli di mascolinità tossica e le discriminazioni nella vita quotidiana
  • Sostenere le donne e le persone LGBTQIA+ nella loro lotta per l’uguaglianza

uomo che fa le faccende in casa

Disfarsi del patriarcato non significa eliminare gli uomini

Il patriarcato è un sistema sociale che privilegia gli uomini e la mascolinità (tossica) a discapito delle donne e delle persone LGBTQIA+. Questo sistema si basa su una serie di norme e valori che perpetuano la disparità di genere, la discriminazione e la violenza.

L’obiettivo deve essere smantellare il patriarcato, non eliminare gli uomini.
Nessuno odia gli uomini, ma bisogna lottare tutti insieme per una società più giusta e inclusiva dove tutti gli individui, indipendentemente dal loro sesso o genere, abbiano le stesse opportunità e siano liberi di esprimere la propria individualità. Sempre.

Disfarsi del patriarcato non significa privare gli uomini dei loro privilegi.
Significa ridistribuire il potere e le opportunità in modo più equo.
Garantire a tutti gli individui le stesse possibilità di successo e di realizzazione personale.

Liberare gli uomini dal patriarcato significa liberarli da una gabbia di stereotipi.
Significa permettere loro di esprimere la propria individualità in modo autentico, senza dover conformarsi a modelli di mascolinità tossica che danneggiano la loro salute mentale e fisica.

Molti uomini sono consapevoli dei danni causati dal patriarcato e si impegnano attivamente per contrastare la disparità di genere e la discriminazione.

Costruire una società più giusta e inclusiva è un vantaggio per tutti.
Una società dove tutti gli individui sono liberi di esprimere il proprio potenziale è una società più ricca, più creativa e più resiliente.

Disfarsi del patriarcato non significa eliminare gli uomini, ma significa costruire un mondo migliore per tutti. Un mondo dove gli uomini e le donne possono vivere insieme in modo paritario e collaborativo, liberi da stereotipi e discriminazioni.

È un processo lungo e difficile, ma il cambiamento è possibile. 

NOTA – Ho attinto a piene mani da IL MOSTRUOSO FEMMINILE di Jude Ellison Sady Doyle e da DIO ODIA LE DONNE di Giuliana Sgrena per scrivere questo approfondimento sul patriarcato.
Ti consiglio di leggere entrambi i saggi e, quando sarai pront*, ti aspetto nei commenti per leggere la tua personale opinione su questo vastissimo tema

 

 

 

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1 Comments

  1. Tone policing: significato, esempi e come combatterlo says:

    […] Di solito subiscono tone policing le donne e le donne nere, i giovanissimi e le giovanissime, gli attivisti e le attiviste, le persone che appartengono alla comunità LGBTQIA+, gli uomini non bianchi, non laureati, le persone con disabilità: insomma, chiunque faccia parte di una minoranza oppressa dal patriarcato. […]

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