Italiani ciechi e sonnambuli davanti ai problemi sociali. Ma sui diritti civili sono più avanti delle istituzioni

Posted on

Italiani: secondo il Censis siamo un popolo di ciechi e sonnambuli davanti ai problemi sociali, dalle reazioni contraddittorie. Ma sui diritti civili siamo più avanti delle istituzioni.

La società italiana sembra affetta da un sonnambulismo diffuso, precipitata in un sonno profondo del calcolo raziocinante che servirebbe per affrontare dinamiche strutturali, di lungo periodo, dagli effetti potenzialmente funesti

Si apre così il 57esimo rapporto Censis sulla società italiana del 2023, con un paragrafo dal titolo inequivocabile: “I sonnambuli. Ciechi dinanzi ai presagi”.

I presagi funesti che riguardano l’Italia e gli italiani

I (cupi) presagi dagli effetti funesti di cui si parla sono presto detti:

Entro il 2050, cioè fra meno di 30 anni, l’Italia avrà perso 4,5 milioni di residenti (come se Roma e Milano insieme, scomparissero). Questo sarà il risultato della diminuzione di oltre 9 milioni di persone con meno di 65 anni e di un aumento di quasi 5 milioni di persone con 65 anni o più.

Secondo presagio funesto: oggi le donne fertili (che per convenzione conta la popolazione femminile tra i 15 e i 49 anni di età) sono 11,6 milioni, nel 2050 diminuiranno di oltre 2 milioni di unità. Sarà oggettivamente impossibile invertire in tempi brevi il declino della natalità.

Si stimano quasi 8 milioni di persone in età attiva in meno nel 2050: una scarsità di lavoratori che avrà inevitabili impatti sulla struttura dei costi del sistema produttivo e sulla capacità di generare valore nel settore industriale e terziario.

Anche la tenuta del sistema di welfare desta preoccupazioni: nel 2050 la spesa sanitaria pubblica sarà pari a 177 miliardi di euro, contro i 131 miliardi di oggi.

La maggioranza “silenziosa” degli italiani

Sonnambulismo e cecità dei vertici della società italiana, ma anche della “maggioranza silenziosa” degli italiani.

Infatti, il 56% afferma di non contare poco o nulla nella società.

Il 60,8% prova un enorme senso di impotenza (tra i giovani la percentuale è del 65,3) di fronte ai tanti inattesi rischi.

L’80% (84,1% tra i giovani) è convinto che l’Italia sia uscita in declino dalle passate emergenze e che la globalizzazione abbia portato al Paese più danni che benefici (69,3%).

Le reazioni degli italiani sono paradossali (secondo il Censis)

Secondo il rapporto Censis, invece di comprendere (o cercare di comprendere) i fenomeni e intavolare un confronto per favorire la ricerca condivisa di soluzioni praticabili, ci lasciamo andare a paure amplificate, a credere in cose improbabili, a reagire in modo paradossale:

L’84% degli italiani teme il clima impazzito, sempre più incontrollabile e ostile, causa della moltiplicazione delle catastrofi naturali, ogni anno più frequenti;

il 73,4% ha paura che i problemi strutturali irrisolti del nostro Paese provocheranno nei prossimi anni una crisi economica e sociale molto profonda;

per il 73,0% gli sconvolgimenti globali sottoporranno l’Italia alla pressione di flussi migratori sempre più intensi e non saremo in grado di gestire l’arrivo di milioni di persone in fuga dalle guerre e per effetto del cambiamento climatico;

per il 70,6% i rischi ambientali, quelli demografici e quelli connessi alle guerre provocheranno un crollo della società, favorendo la povertà diffusa e la violenza;

il 68,2% teme che in futuro patiremo la siccità per l’esaurimento delle risorse di acqua;

il 53,1% ha paura che il colossale debito pubblico, in cammino verso la cifra record di 3.000 miliardi di euro, provocherà il collasso finanziario dello Stato italiano;

il 43,3% che resteremo senza energia sufficiente per tutti i bisogni.

Cito il rapporto:

Sono scenari ipotizzati che paralizzano invece di mobilitare e generano l’inerzia dei sonnambuli dinanzi alla molteplicità delle sfide che la società contemporanea deve affrontare. Tutto è emergenza: quindi, nulla lo è veramente

Gli italiani sono più attenti al benessere psicofisico

Il cambiamento del rapporto con il proprio tempo e la ridefinizione della gerarchia dei valori fanno sì che l’energia individuale, che in passato si traduceva in una spinta collettiva, ora si condensa in una nuova soggettività dei desideri.

Il lavoro sembra aver perso il suo significato più profondo, come riferimento identitario, perno centrale della vita, misura del successo personale e dell’affermazione sociale, oltre che mezzo di gratificazione economica. Per l’87,3% degli occupati la scelta di fare del lavoro il centro della propria vita sarebbe un errore.

Non è il rifiuto del lavoro in sé, ma un declassamento del lavoro nella gerarchia dei valori personali.

Non sorprende, quindi, che il 62,1% degli italiani avverta il desiderio quotidiano di momenti da dedicare a sé per combattere l’ansia e lo stress, o che un 94,7% consideri centrale la felicità delle piccole cose di ogni giorno, come appunto il tempo libero, gli hobby, le passioni personali.

Rispetto al passato, l’81,0% degli italiani dedica molta più attenzione alla gestione dello stress e alla cura delle relazioni, perni del benessere psicofisico personale.

I diritti civili e le rivendicazioni degli italiani

La tutela delle diversità, dei singoli individui così come delle nuove forme di famiglie, è al centro del dibattito pubblico e pongono serie questioni di legittimazione sociale e di riconoscimento di nuovi diritti civili.

Le famiglie in Italia sono in tutto 25,3 milioni. Quelle tradizionali, composte da una coppia, con o senza figli, sono il 52,4% del totale. Pur essendo in calo nel tempo (erano il 60,0% nel 2009), rappresentano ancora la forma principale di famiglia. Di queste, il 32,2% (8,1 milioni) è formato da una coppia con figli (nel 2009 la percentuale era del 39,0%).

Nel frattempo, tutte le altre tipologie di famiglie stanno aumentando, e non sembra essere lontano il momento in cui i nuovi format familiari supereranno quelli tradizionali:

il 33,1% delle famiglie è composto da persone che vivono da sole, e nel 20,9% dei casi (5,3 milioni) si tratta di single, ovvero di persone che vivono da sole per scelta o comunque senza un partner;

il 10,7% delle famiglie (2,7 milioni) è di tipo monogenitoriale, in quanto è composta da un genitore solo con figli (nel 2009 la quota era dell’8,7%). In genere, si tratta di nuclei formati a seguito di separazioni o divorzi, e nella grande maggioranza dei casi il genitore che vive con i figli è la madre.

Il numero dei matrimoni si riduce e oggi esistono 1,6 milioni di famiglie (l’11,4% del totale) costituite da coppie non sposate.

Dal 2018 al 2021 sono state celebrate 8.792 unioni civili (all’inizio del 2022 in Italia risultavano 17.453 cittadini residenti uniti civilmente).

I cittadini stranieri oggi sono presenti in 2,6 milioni di nuclei familiari (il 9,8% del totale), e 1,8 milioni di famiglie (il 7,0% del totale) sono composte esclusivamente da cittadini stranieri.

Le opinioni degli italiani sui diritti civili

Ecco le opinioni degli italiani in merito ad alcune questioni che faticano a trovare un riconoscimento ufficiale, per via legislativa:

il 74,0% degli italiani si dice favorevole all’eutanasia, che arrivano all’82,8% tra i giovani e al 79,2% tra i laureati;

il 70,3% degli italiani (quota che sale al 77,1% tra le donne e al 75,1% tra i giovani) approva l’adozione di figli da parte dei single;

il 65,6% si schiera a favore del matrimonio tra persone dello stesso sesso, con percentuali che arrivano al 79,2% tra i giovani e raggiungono un significativo 45,4% di favorevoli anche tra gli anziani;

il 54,3% della popolazione si esprime per l’adozione dei figli da parte di persone dello stesso sesso, con percentuali che vanno da un massimo pari al 65,5% tra i giovani a un minimo del 41,4% tra gli anziani;

rimane invece minoritaria, pari al 34,4% delle opinioni, la quota di italiani favorevoli alla gestazione per altri (Gpa), la forma di procreazione assistita in cui una donna si assume l’obbligo di provvedere alla gestazione e al parto per conto di altri senza assumersi la responsabilità genitoriale.

In merito al riconoscimento della cittadinanza italiana ai minori stranieri, il 72,5% degli italiani si dice favorevole alla introduzione dello ius soli, ovvero la cittadinanza per i minori nati in Italia da genitori stranieri regolarmente presenti, e il 76,8% si esprime a favore dello ius culturae, ovvero della concessione della cittadinanza agli stranieri nati in Italia o arrivati in Italia prima dei 12 anni che abbiano frequentato un percorso formativo nel nostro Paese.

I giovani italiani

La distanza esistenziale dei giovani di oggi dalle generazioni che li hanno preceduti sembra abissale. Si è bloccato l’ascensore sociale che da sempre garantiva un maggiore benessere nel passaggio da una generazione all’altra.

Hanno visto infrangersi il mito del progresso come crescita inarrestabile dell’economia e dei consumi, sostituito dalla consapevolezza che occorre adottare stili di vita più rispettosi dell’ambiente.

Il loro posizionamento sociale sembra dettato dal rapporto, più o meno stretto e funzionale, con i dispositivi e le piattaforme digitali.

Oggi nel nostro Paese i 18-34enni sono poco più di 10 milioni, pari al 17,5% della popolazione; nel 2003 superavano i 13 milioni, pari al 23,0% del totale: in vent’anni abbiamo perso quasi 3 milioni di giovani.

E le previsioni per il futuro sono negative: nel 2050 i 18-34enni saranno solo poco più di 8 milioni, appena il 15,2% della popolazione totale.

Il comportamento degli studenti italiani

Preoccupano anche i dati Nomisma sui comportamenti degli studenti. I dati riguardano ansia e stress, rilevati in deciso aumento dall’81% dei docenti intervistati, situazioni che iniziano a manifestarsi tra gli studenti già a partire dalla scuola primaria. Nel complesso, 3 insegnanti su 4 hanno inoltre notato un aumento sia dei comportamenti aggressivi, sia di indolenza e noia tra gli alunni.

Va però sottolineato come 1 docente su 2 abbia notato tra i ragazzi un maggiore rispetto delle diversità e inclusione e, in 1 caso su 5, anche maggior impegno civico rispetto al passato.

La generazione attuale di giovani è quindi caratterizzata da aggressività, indolenza, noia, ansia e stress che coesistono con il rispetto per le differenze e un’inclusività innata.

Le nuove generazioni mostrano un notevole senso civico e dimostrano una consapevolezza sociale che va oltre le generazioni precedenti. La loro propensione a rispettare le diversità e a promuovere l’inclusione indica una prospettiva che potrebbe contribuire a una società più tollerante e aperta nel futuro, il loro impegno civico potrebbe plasmare positivamente il tessuto sociale.

 

Condividi su:

0 Comments

Leave a comment

Your email address will not be published.