La prima competenza fondamentale della Media Education

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Qual è la prima competenza fondamentale della Media Education, dell’educazione ai media?

Imparare ad analizzare, confrontare e valutare con spirito critico la credibilità e l’affidabilità delle fonti di dati, informazioni e contenuti digitali con cui veniamo a contatto ogni giorno.

La sterminata quantità di dati che lasciamo online

Quando mettiamo un cuoricino su TikTok, Instagram o facciamo una ricerca su Google lasciamo una quantità enorme di dati.

Ad esempio, attraverso una semplicissima ricerca su Google, l’algoritmo del motore di ricerca risale non solo alla parola o frase cercata, ma anche all’ora e alla data di ricerca, al luogo da cui abbiamo fatto la ricerca: incrociando questi dati l’algoritmo di Google sa dove mi trovo, quando e di cosa ho bisogno.

La stessa cosa la fanno gli algoritmi di ogni social network, di ogni app che usiamo ogni giorno. Così ci profilano in categorie: siamo non binari, donne o uomini? Siamo giovani, adulti o anziani? Quale orientamento sessuale abbiamo? Con chi siamo connessi?

I BIG DATA

Tutte queste informazioni si chiamano BIG DATA: tutti dati in formato digitale che, attraverso gli algoritmi, possono essere usati per predire il futuro, dalla marca di scarpe che acquisterò al voto che darò alle prossime elezioni.
Queste previsioni entrano nella nostra quotidianità attraverso pubblicità, offerte commerciali, suggerimenti di persone da seguire e persino medicine personalizzate.

Perché parlo di Big Data e algoritmi in relazione alla credibilità e affidabilità delle informazioni?

L’oggettività conta meno delle emozioni e delle nostre credenze

Perché è fondamentale essere consapevoli che, quando ci informiamo online, i fatti oggettivi sono meno influenti di quanto non lo siano gli aspetti emotivi e le credenze personali di ciascuno di noi.

Il 51% dei giovani sotto i 35 anni si informa esclusivamente online e lo fa attraverso aggregatori di notizie, social network e motori di ricerca, non attraverso fonti editoriali come quotidiani online.

È quindi fondamentale essere consapevoli del fatto che gli algoritmi aggregano le persone con caratteristiche simili.

Il che significa che siamo esclusi da informazioni che sono in contrasto con il nostro punto di vista.
Ciascuno di noi si isola in una bolla culturale e interagisce solo con persone che la pensano esattamente allo stesso modo.
La conseguenza è che se una notizia falsa viene creata in base alla bolla culturale cui si appartiene, nessuno la metterà in discussione.

Anche perché è facile credere a una notizia falsa se in quella stessa notizia si trova conferma delle proprie idee, opinioni e credenze.

Cosa fare per evitare le fake news?

Purtroppo, non ho la verità assoluta su come non cadere vittima di fake news, posso solo consigliare il metodo che uso io per evitare condizionamenti psicologici. Leggo le notizie da fonti diverse: non solo i siti di testate a cui sono affezionata, ma anche quelli completamente opposti alla mia visione del mondo. Non solo, vado a cercare le firme dei giornalisti degli articoli che leggo e poi controllo la loro reputazione online: se hanno un blog e cosa ci scrivono, i loro profili social, i post che mettono e le risposte ai commenti.

Il pluralismo dell’informazione, leggere la stessa notizia su fonti editoriali diverse (quotidiani online, siti di testate) e l’interpretazione che di questa ne fanno i nostri influencer preferiti sui social, unita alla lettura di testate, siti e influencer con una visione del mondo opposta alla nostra, ci rende autonomi, consapevoli e capaci di valutare i pro e i contro di una notizia in modo costruttivo.

Insomma, un buon metodo per acquisire la prima competenza fondamentale della media education: imparare ad analizzare, confrontare e valutare con spirito critico la credibilità e l’affidabilità delle fonti di dati, informazioni e contenuti digitali con cui veniamo a contatto ogni giorno.

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3 Comments

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